Ilaria Di Roberto - Tutto ciò che sono
Ilaria Di Roberto - Tutto ciò che sono

Ilaria Di Roberto: un libro contro la violenza di genere

Oggi incontriamo Ilaria Di Roberto, autrice letteraria, che ci ha scritto in quanto racconta “bollata come aspirante vip in cerca di notorietà”, ma che ha alle spalle una storia più profonda che racconta nel suo libro “Tutto ciò che sono“.

Il libro lo trovate di seguito:

Benvenuta su Oggi Quotidiano a Ilaria Di Roberto. Come mai ha deciso di scrivere un libro di far sentire la sua voce?

“Tutto ciò che sono” nasce nel tentativo disperato di restituire un’identità, ma soprattutto una dignità al mio dolore, a seguito di un trascorso drammatico segnato da violenze: dal Revenge Porn e il Cyberbullismo alle molestie e agli abusi sessuali. In questi anni, durante i quali mi sono impegnata a denunciare i soprusi subìti – oltre che alle autorità anche alla stampa nazionale – ho radunato tutto il mio coraggio, la mia forza irruente e il mio estremo bisogno di rivalsa e giustizia. Ho avuto paura. Paura di non essere in grado di travalicare l’ombra fervida dei pregiudizi. Paura di non essere all’altezza delle mie aspettative e di quelle di tante altre donne, vittime dei miei stessi soprusi. Paura di subire ancora una volta l’impeto perverso di un’opinione pubblica, costantemente pronta a puntare il dito sulle vittime. Paura di non riuscire a reagire. Paura che le mie parole lacerassero l’animo già deturpato di chi – esattamente come me – si trovasse sulla cresta di un incubo. Paura che, al contrario di quanto auspicato, queste non venissero comprese, interiorizzate o utilizzate come scudo, al fine di disinnescare un martirio opprimente. Avevo paura di fallire e invece alla fine sono stata in grado di riesumare il mio trascorso turbolento e di trasformarlo in poesia. “Tutto ciò che sono, di Ilaria Di Roberto” è, di fatto, il grido di chi non ha più voce e di tutte coloro che, almeno una volta nella vita, hanno avuto il coraggio di ribellarsi all’isolamento, alla rivittimizzazione, alla condanna e al marchio inflitto dalla società a seguito di una violenza. È un tentativo di ricostruzione e rifioritura, gentilmente – e in maniera talvolta irruenta – messo al servizio di ogni donna defraudata e violata e al tempo stesso un esperimento finalizzato alla rieducazione del genere maschile, sebbene non sia questo il nostro compito.

Attraverso questo libro, io mi impegno a dire “No!” al silenzio e a quel fatidico copione mediatico patriarcale che sovente, viene imposto ad ogni vittima di violenza sulle donne e a causa del quale, i carnefici vengono soventemente legittimati e difesi. È stato un punto di partenza. Questo libro nasce una sera, che io definisco “delle sabbie mobili” poiché concomitante al mio primo tentativo di suicidio, al momento in cui avevo toccato il fondo. Quella delle sabbie mobili è una tematica abbastanza ricorrente nei miei scritti, già esplicitata anche all’interno del mio primo libro ‘Anima’. È stato l’istante in cui mi sono ritrovata a scegliere tra il vivere combattendo e il lasciarmi morire. Mi preclusi di scegliere e iniziai a scrivere. Prima sono stata vittima di revenge porn, poi di una setta che ha iniziato a perseguitarmi dopo aver sporto denuncia. Sono stata diffamata, ho ricevuto minacce di morte. Sono stata costretta a barricarmi in casa. È stato un incubo. Ho cercato, attraverso il mio libro, di mettere la mia storia al servizio di tutte le donne vittime di violenza o che magari ancora non riescono a riconoscerne i segni. In questo modo ho cercato e avuto, anche se solo marginalmente, la mia rivalsa.

Ilaria Di Roberto quanto è difficile sentirsi senza appoggio dalle istituzioni?

Nonostante sia stata bollata come “aspirante vip in cerca di notorietà” ho continuato a mettere la mia storia al servizio dei media, affinché la giustizia accelerasse il corso delle indagini e io potessi trovare pace una volta per tutte. Ahimè, come sovente accade ad ogni vittima di violenza che decide di denunciare pubblicamente i soprusi subìti, la magistratura anzichè agire in mia difesa ha deciso di indagare su di me: sebbene avessi segnalato alle autorità di aver subito hacking, sono stata accusata di aver perpetrato le medesime diffamazioni in rete a danno dei miei ex, guardacaso gli stessi autori adoperatisi nella diffusione illecita del mio materiale. Oltre ad essere vittima dei miei persecutori e delle falle del sistema giudiziario, sono stata inoltre bersaglio di vittimizzazione secondaria e ostracismo da parte della comunità in cui vivo. Ho perso il lavoro perché vittima di Revenge Porn e fatico a trovarne un altro a causa dell’ingente numero di notizie false che circolano in rete sul mio conto, diffuse dai miei stessi aguzzini. In tre anni sono stata perquisita come fossi la peggiore delle criminali, abusata, ostracizzata, picchiata, violata nella mia intimità, diffamata, hackerata, molestata, aggredita verbalmente, ingiuriata, accusata di cercare notorietà utilizzando la mia vicenda come pretesto per sbarcare il lunario, invogliata per due volte consecutive al suicidio e costretta ad uno stato di vigilanza perenne.

E come se non bastasse, la stampa italiana sta cercando di censurare e boicottare ogni mio tentativo di promozione del mio libro, invalidando così la mia battaglia e il mio tentativo di ritornare a vivere. Quando denunciai la prima volta, mi venne addirittura domandato che tipo di rapporti intimi avessi avuto con i miei ex. Lo ricordo come fosse ieri: “sei una scrittrice e ti fai questo genere di foto?”. Come se la sessualità fosse una prerogativa di tutti, a eccezione delle scrittrici, per non dire “delle donne”. E come se non bastasse ho dovuto subire anche una perquisizione, durante la quale sono stata schernita. Quel giorno per la prima volta ho davvero desiderato di morire, poiché solo nella morte ravvisavo l’unica via di fuga. Ricordo che mi venne detto “ora che tua madre viene a prenderti, si porterà dietro Barbara D’Urso? Rai Uno? Rai Due? Rete quattro?”. È stato deumanizzante. Dal 2019 ad oggi non ho avuto mai un pelo di credibilità. In un primo momento perché INDAGATA. Poi perché “tr**a” (espressione che sovente viene applicata ad ogni vittima di Revenge Porn). E ancora per i ricci che “son capricci”. Per i tatuaggi e i piercing. Per il linguaggio poco forbito. Perché ballerina. Perché scrittrice. Perché donna. Per le foto con le chappette in vista. Per il seno grosso. Per la minigonna. Per la notorietà in TV. Per la notorietà nelle radio. Per il femminismo. Per il separatismo. Per l’abolizionismo. Per l’attivismo. Per il bel faccino. Per l’assenza di lividi. Per le “poche lacrime”. Per quelle “finte”. Per i miei sorrisi. Per la mia ingenuità. Per la mancanza di buon senso. Ed infine… per la troppa esposizione mediatica. Sono stata in più occasioni dissuasa dal denunciare e qualora trovassi il coraggio di farlo, le mie denunce venivano brutalmente archiviate. Neanche il codice rosso mi è stato riconosciuto e a seguito delle diffamazioni perpetrate anche da parte della stampa nazionale, mi è stato anche negato il diritto di replica.

Proprio per questo il mio libro si impegna e mi impegna come Ilaria Di Roberto ad essere anche una denuncia sociale. Si tratta di una silloge, una raccolta di 377 racconti, poesie, prose, aforismi e pensieri brevi, in cui io svelo quelle che sono le efferatezze messe in atto dai carnefici. Nei miei componimenti ci sono riferimenti a tutti i tipi di abusi, anche quello d’ufficio. All’interno del monologo “Com’eri vestita?”, c’è un racconto in cui un ispettore indaga l’abbigliamento di una donna. L’attenzione dell’ufficiale non è posta nello stupro, ma in cosa indossa la vittima di violenza. Essere credute, ascoltate, tutelate, è fondamentale. Ci sono molti strumenti per gridare a gran voce quelle che sono le ingiustizie che sovente subiamo. Troppo spesso le vittime non hanno credibilità e questo perché viviamo all’interno di quella che molti sociologi definiscono ‘cultura dello stupro’. Ogni violenza viene normalizzata e parte della colpa viene comunque affidata alla vittima. Anche i monologhi “Denunciate donne!” e “Il mio sogno di giustizia” svelano il mio tentativo di mettere a nudo le falle, i cavilli e le ingiustizie del nostro sistema giudiziario. Occorre agire e in fretta, partendo dal linguaggio, perché alle volte le violenze partono dalle parole che ci vengono rivolte e quasi mai, riconosciute come “violente”.

Come trascorre la propria vita oggi Ilaria Di Roberto?

Nonostante mi senta ancora molto provata e ferita, oggi sto dedicando anima e corpo alle mie campagne di sensibilizzazione a sostegno delle vittime di violenza di genere. Ho lavorato per diverso tempo nel campo dell’associazionismo, tuttavia non essendo in linea con un sistema che sobbarca le vittime dell’obbligo della prevenzione ho deciso di mettermi in proprio e offrire il mio sostegno alle donne individualmente. Inoltre ho ripreso in mano le mie passioni, tra cui quella del ballo che non coltivavo da diverso tempo. Sto lavorando assiduamente alla promozione del mio libro e nel mentre sto cercando anche di trovare un po’ di stabilità lontana da questo paese che dalla mia prima denuncia non fa altro che schernirmi. Tuttavia, sto iniziando a riprendere in mano la mia vita: dopo aver trascorso diverso tempo tra queste quattro mura, ho ripreso ad uscire, a studiare bachata, a concedermi il lusso di andare a fare jogging indisturbata e finalmente, a riappropriarmi della mia identità.

Ci sono attività sociali che intraprenderà nel prossimo futuro in merito a questa situazione come individuo singolo Ilaria Di Roberto?

Come già esplicitato in diverse occasioni ho intenzione di continuare a promuovere il mio libro anche nelle scuole, dove ho già tenuto diversi convegni. Ritengo che la violenza vada contrastata già a partire dai primi luoghi educativi, in primis scuola e famiglia. Alcuni meccanismi e automatismi di violenza vanno scardinati dalla radice. L’educazione alla parità di genere è fondamentale. Nelle prossime settimane sarò impegnata in alcune presentazioni e a Maggio prenderò parte alla fiera nazionale del libro di Torino. Auspico dal profondo che questo libro diventi una manifesto per tutte e tutti e chissà, magari che venga trasformato in un film. Sarà dura, ma non demordo. Per ogni donna che getta la spugna c’è un maschilista che crede di aver vinto.

Su Redazione

Redazione Giornalistica

Lascia un commento