Giustizia per Arianna Flagiello: 22 anni al suo compagno

Un vero e proprio colpo di scena si è verificato nell’aula del tribunale di Napoli nel corso del processo a Mario Perrotta condannato (ed immediatamente arrestato) a 22 anni di carcere con l’accusa di maltrattamenti ed istigazione al suicidio di Arianna Flagiello giovane donna che si tolse la vita il 19 agosto del 2015.

La coppia era fidanzata da circa 12 anni e conviveva da due, tanti anni durante i quali Arianna ha vissuto continui ed evidenti matrattamenti sottolineati da testimonianze e dai numerosi messaggi custoditi nel suo cellulare (tipo: “sto tornando accumincia a fui’…”).

Alla base delle liti e delle violenze anche questioni legate al denaro, infatti, per l’accusa il Perrotta, che lavorava salturiamente ed era dedito al gioco, aveva indotto la povera Arianna a “procurargli denaro per soddisfare i propri desideri nonché le esigenze economiche della propria famiglia di origine

I giudici della terza sezione della Corte di assise del tribunale di Napoli con a capo il presidente Roberto Vescia, hanno emesso una condanna esemplare: 22 anni di carcere, con aggiunta di 4 anni in più rispetto ai 18 anni richiesti dal pm Lucio Giugliano in sede di requisitoria.

Il caso era stato trattato anche nel corso delle puntate della trasmissione “Chi l’ha visto?”, durante le quali l’inviato Giuseppe Pizzo era riuscito ad intervistare Mario Perrotta che si era sempre dichiarato innocente, adducento varie giustificazioni ai suoi comportamenti, prontamente smentite da amici, parenti e testimonianze varie tra cui quella di un commesso di un supermercato che aveva visto l’imputato dare un calcio ad Arianna al termine di una discussione alla quale era presente anche la madre di lui.

Un altro grave episodio, raccontato dagli amici, è stato quello in cui Mario avrebbe picchiato talmente forte Arianna da indurla a non trattenere esigenze fisiologiche e sporcando di conseguenza delle lenzuola che l’uomo avrebbe addirittura mostrato ai presenti. Mario, ovviamente, al giornalista Pizzo ha negato l’accaduto discolpandosi dicendo che il “rumore degli schiaffi” non era altro che uno sbattere le mani come quando si applaude, una manifestazione di preoccupazione per lo stato di Arianna.

Una storia triste, fatta di umiliazioni nel corpo e nell’anima di una ragazza la cui colpa era, forse, quella di amare troppo. Una giovane soggetta a vessazioni e mortificazioni anche nei periodi più delicati, come quello legato alla perdita del bimbo che portava in grembo. Una storia dal finale amaro, che ha reso attoniti familiari ed amici.

La voce che Arianna non ha usato per chiedere aiuto è venuta ugualmente alla luce, facendo scoprire tutto il dolore a cui è stata costretta e riuscendo ad avere la sua, meritata, giustizia.

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Redazione Giornalistica

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