Ennio Masneri
Ennio Masneri

Ennio Masneri: sordi oralisti possiamo e dobbiamo dare il nostro contributo sociale

Ennio Masneri, nato a Crotone nel 1978 e oggi residente a Milano, è sordo oralista dall’età di due anni.

Scrive per ricordare le parole e legge per entrare nel mondo, non per uscirvi, come spesso succede agli altri.

Affinché la società e la politica si accorgano delle difficoltà e dei diritti dei sordi oralisti, Ennio Masneri ha collaborato alla creazione del DdL “Delega al governo in materia di politiche per l’inclusione delle persone con disabilità uditiva”.

Ennio Masneri, ben trovato su Oggi Quotidiano. Prima di chiederle del suo impegno politico, una domanda volta ad abbattere ogni pregiudizio in materia. Oltre a sordo, essere oralista non è un’etichetta?

Sarò sincero, fino a pochi anni fa non sapevo che esistesse il termine “oralista”. L’ho appreso sui social e ci ho riflettuto sopra. Quando sono diventato sordo da piccolo a causa di una meningite (non dobbiamo aver paura di chiamare la malattia con il suo nome!) ho rischiato di diventare segnante Lis, ma grazie all’intervento di una grande logopedista siamo andati contro corrente: ho ripreso miracolosamente a parlare grazie all’oralismo, agli esercizi linguistici, alla lettura, alla sottotitolazione in tv, a una migliore protesizzazione e ai sacrifici dei miei genitori. La parola intesa come mezzo di comunicazione è qualcosa da apprendere ogni giorno, non un qualcosa di innato: da qui la certezza che il mutismo non c’entra niente con la sordità. Tuttavia, ho appreso che esiste una misera “guerra” tra segnanti e oralisti, senza contare che quando qualcuno mi conosce vengo indicato come un possibile segnante solo perché porto le protesi acustiche. E questo è dovuto al fatto che vige ancora una mentalità, anche da parte dei media, secondo cui se uno è “sordo” (magari oralista, magari bilingue…) viene additato, anzi bollato, senza informarsi prima con l’interessato, con un termine obsoleto e abolito da una legge di alcuni anni fa: “sordomuto”. Mi sono pure visto dire da persone che non conoscono la mia situazione che, in quanto sordo, dovevo per forza di cose imparare la Lis: non veniva rispettata la mia scelta di aver fatto oralismo. E non solo la mia: quella di tanti come me. Quindi, anche se fosse un’etichetta imposta o creata ad hoc per differenziare me e molti che hanno intrapreso lo stesso mio cammino, dai sordi segnanti e bilingui, mi porto come una medaglia il fatto di essere “oralista” per simboleggiare il prezzo dei miei numerosi sforzi di ottenere una completa autonomia ed essere riconosciuto nella società che deve abbandonare certi standard ormai vecchi.

Scuola, lavoro, inclusione sociale e non solo. Dove risiedono le maggiori difficoltà secondo Ennio Masneri?

Dovunque si trovi gente che non vuole capire. Non è importante il contesto o l’ambiente, in quanto tutto è relativo a ciascuna persona sorda “oralista”. Si può stare bene al lavoro quanto si può stare male a scuola. Diciamo che l’inclusione sociale è connessa anche all’ambiente della scuola e del lavoro. Spesso gli insegnanti si trovano impreparati e non proteggono quando dovrebbero invece farlo, preferendo accusare il sordo di vittimismo. Sarebbe bastato parlarne per risolvere ogni cosa, perché non c’è uno standard specifico. Io stesso ho avuto forse tre o quattro bravi insegnanti che capivano il mio handicap, portavano pazienza, apprezzavano i miei sforzi nello studio, la mia curiosità, e al contempo, in misura più grande, ho avuto insegnanti irresponsabili che hanno preferito umiliarmi davanti a tutta la classe spingendomi, come diretta conseguenza, a odiare la scuola e quelle materie. E questo ha comportato maggior difficoltà nell’inclusione sociale, specialmente quando ti trovi davanti a un muro fatto di pura accondiscendenza e pietismo. Anche dal punto di vista dell’amore spesso la gente ci crede incapaci di provare un sentimento del genere, come se fossimo totalmente privi di emozioni e sentimenti. Per questo dobbiamo sovvertire con ogni mezzo a disposizione una tale mentalità ignorante.

Su iniziativa personale, ha chiesto udienza al Senatore Ernesto Rapani per sottoporre alla sua attenzione una tematica che le sta particolarmente a cuore. Ce la vuole raccontare? Quale iter legislativo si è avviato?

È partito tutto quando ho notato che, malgrado il progresso tecnologico e scientifico e una sensibilizzazione più incentrata sulla conoscenza della Lis che sull’oralismo, la mentalità attuale è praticamente rimasta uguale: siamo ancora tutti “sordomuti” e quindi, in un certo senso, da sottovalutare. Mi sono sentito, pertanto, in dovere di fare maggiore opera di informazione e sensibilizzazione, forte dell’idea secondo cui non tutti i sordi (anche quelli molto profondi) sono uguali tra di loro. Avvertendo che tale discriminazione è diventata insostenibile in molti ambiti, ho avuto la possibilità di parlarne con il senatore Ernesto Rapani (che ringrazio in questa intervista), trovando nella sua persona un interlocutore sinceramente interessato a tale tematica. Gli ho esposto i problemi che noi oralisti spesso incontriamo malgrado il nostro impegno a spiegare trovando in risposta muri di gomma. Gli ho fatto presente che abbiamo una nostra dignità, alla pari di quelli che sentono normalmente o dei segnanti, conosciamo i nostri diritti e i nostri doveri, ma non veniamo riconosciuti individualmente: siamo sottoposti a uno standard fisso che, il più delle volte, ci danneggia. Pertanto mi sono fatto portavoce di quella maggioranza di sordi oralisti e bilingui per chiedere il riconoscimento da parte del Governo dell’esistenza delle persone sorde oraliste, cioè di quelle persone che, una volta accertata la sordità, non si sono date per vinte e hanno intrapreso un duro cammino per riacquistare la parola. Il Senatore Rapani si è subito attivato e io stesso ho collaborato con lui alla creazione del ddl “Delega al governo in materia di politiche per l’inclusione delle persone con disabilità uditiva” in questi mesi depositato, in cui, senza ledere i diritti dei segnanti, vengono aggiunte nuove disposizioni e aggiornate le precedenti, incluso l’abbattimento di certe barriere mediatiche instaurando una campagna di sensibilizzazione sull’oralismo. In tal modo noi sordi oralisti potremo avere la possibilità di essere aiutati a dare anche il nostro contributo all’evoluzione della società attuale.

Parlando di diritti e doveri, cosa si aspetta da questo vostro impegno e cosa rimane da fare Ennio Masneri?

Sarà come scardinare una montagna con una sola piccozza in quanto la mentalità diffusa secondo cui “sordo” significa inscindibilmente “Lis” o “mezzo deficiente” è ancora ben ancorata nel buonismo di un certo passato, di quel passato che, stranamente e forse un po’ troppo in fretta, aveva abolito il concetto stesso di “oralismo”. Veniamo perfino attaccati nei social con l’accusa di vittimismo e di opportunismo. Parrà strano, ma anche noi abbiamo la nostra razione di haters che cercano d’imporre il loro falso pensiero con accenni di pura infantile invidia sulle nostre agevolazioni.

La sordità, va ricordato, non attacca le corde vocali, ma solo l’udito: bastano un po’ di esercizi di logopedia per riprendere a parlare. Bisogna costantemente sensibilizzare la società su queste piccole differenze con pubblicità progresso, conferenze, esempi, dimostrazioni, servizi ad hoc, atti semplicemente a chiarire, a spiegare che dei sordi “oralisti” non si deve avere paura o soggezione o – questo lo posso testimoniare in prima persona – disgusto. Anche noi sordi “oralisti”, oltre che ci venga riconosciuto il nostro diritto di vivere, di essere rispettati, considerati, vogliamo venire investiti dal dovere di dare il nostro contributo nelle istituzioni non restando ai margini, in quanto nelle stanze istituzionali si discute spesso pure del nostro futuro. Grazie alla logopedia, alla tecnologia che fa sempre passi avanti, alla trascrizione istantanea che si evolve, alla traduzione simultanea, ribadisco che anche noi possiamo e dobbiamo dare il nostro contributo sociale. Abbiamo un cervello e un cuore come tutti gli altri, perché essere sordi “oralisti” non significa essere necessariamente incapaci di badare a noi stessi.

Questo decreto di prossima discussione non solo riconoscerà la nostra esistenza (siamo davvero tanti: secondo l’Istat ammontiamo a 7 milioni in Italia mentre i soli segnanti sono all’incirca 40-50.000), ma chiarirà certi punti sensibili e in pratica aggiornerà vecchie disposizioni tecnologiche, sociali e legali: è soprattutto una goccia che, cadendo dall’alto, speriamo crei nuovi cerchi concentrici che si allarghino con più vigore. Oltre al fatto che ci sarà molto da discutere, ciò comporterà anche una certa e costante vigilanza presso le stesse istituzioni e i canali mediatici.

Su Francesca Ghezzani

Giornalista, addetto stampa, autrice e conduttrice di programmi televisivi e radiofonici. In passato ha collaborato con istituti in qualità di docente di comunicazione ed eventi.

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