Copiare informazioni rende giovani pirata. Foto dal Web
Copiare informazioni rende giovani pirata. Foto dal Web

Giovani pirata: mancanza di consapevolezza e necessità di sensibilizzazione

Un recente studio condotto sui ragazzi ha rivelato l’incremento di “giovani pirata” e che le violazioni sono oltre che di prodotti paralleli, anche della proprietà intellettuale sono ancora una consuetudine diffusa tra i giovani italiani.

In particolare, circa 1 ragazzo su 3 ha comprato almeno una volta un vestito, un paio di scarpe o un accessorio di marca falso, mentre oltre 4 su 10 hanno fatto lo stesso con i prodotti tecnologici “cloni” degli originali.

Le cose vanno ancora peggio online, dove ben 2 giovani su 3 hanno guardato film, serie tv o eventi sportivi usando siti pirata. Inoltre, 1 su 2 è solito usare password condivise con persone al di fuori del nucleo familiare per accedere ai servizi di streaming, come Netflix o Spotify. Non mancano poi quelli che a pagare non ci pensano proprio: 3 su 10 utilizzano app e software “craccati” per evitare di sottoscrivere un abbonamento.

L’indagine ha anche rilevato che, per una parte consistente degli intervistati, l’attacco al diritto d’autore e alle opere d’ingegno è una costante. Se nel caso del vestiario e della tecnologia, mediamente “solo” per 1 su 10 è un’abitudine cercare prodotti contraffatti, per quanto riguarda lo streaming illegale o in violazione dei termini di contratto previsti dalle varie piattaforme la quota si impenna, comprendendo un terzo del campione (33%).

Molto spesso, ciò che sembra mancare è la piena consapevolezza delle conseguenze di questi comportamenti. Da un lato, infatti, quasi 1 su 3 (31%) cede alla tentazione del risparmio pur cosciente di eventuali possibili conseguenze. Ma è ancora più preoccupante la quota di coloro – 1 su 5 (20%) – che non si rendono conto di alimentare sacche di illegalità e di danneggiare nel contempo i fautori di quei contenuti o di quei prodotti tanto amati.

Una sottovalutazione che, all’atto pratico di divenire “pirata”, si può tradurre persino in una sorta di effetto emulazione. Nonché nell’esposizione a rischi onestamente evitabili. Alcuni esempi? Ben il 20% ha acquistato le credenziali degli account condivisi da sconosciuti, mentre il 24% ha condiviso ad altri le proprie, aprendo quindi a una diffusione non controllata di dati personali.

Eppure il terreno su cui impostare un cambio di rotta c’è. Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, c’è una metà di giovani (49%) che evita di prendere le scorciatoie di cui si è parlato sinora proprio perché ben conscia che, facendolo, entrerebbe nel circolo vizioso. Per attirare anche gli altri in un circuito virtuoso, potrebbe essere sufficiente lavorare per intensificare la sensibilizzazione sul tema.

Come tenta di fare la stessa EUIPO, che favorisce la realizzazione di iniziative di sensibilizzazione nei paesi dell’Unione. Tra cui spicca “No Fake, Be Real”, un progetto didattico che ha lo scopo di coinvolgere le nuove generazioni attorno al concetto di proprietà intellettuale, facendolo nei luoghi che frequentano tutti i giorni, dalle piattaforme online ai banchi di scuola. Puntando sui docenti, mettendo loro a disposizione un kit didattico per sviluppare questi temi nell’ambito delle ore di Educazione civica. Cercando, in questo modo, di trasmettere una cultura della proprietà intellettuale a 360 gradi, puntando sul concetto che i prodotti contraffatti o i servizi online pirata possono arrecare problemi di salute e sicurezza, oltre che conseguenze di natura legale e danni al settore produttivo.

Di questi temi, infatti, di solito non si parla molto nei contesti educativi formali: solo il 21% degli intervistati li ha approfonditi a scuola. Per il 46% è invece proprio tabula rasa: nemmeno da autodidatta hanno avuto l’occasione di interessarsi della questione. Ecco perché, forse, quasi 1 su 2 (46%) vorrebbe saperne di più, magari grazie al supporto di esperti dell’argomento, per essere sempre più consapevole delle proprie azioni. Anche perché, se tra di loro ci fosse un creatore di un’opera di ingegno, solo il 13% saprebbe come tutelarla.

In conclusione, è evidente che la lotta alla contraffazione e alla pirateria digitale non può prescindere da una profonda opera di sensibilizzazione delle nuove generazioni. Solo attraverso una maggiore consapevolezza delle conseguenze di questi comportamenti sarà possibile ridurre la diffusione di pratiche illegali che, oltre a danneggiare l’economia e l’innovazione, possono anche mettere a rischio la salute e la sicurezza dei consumatori.

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Redazione Giornalistica

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